“IRENE CHIAMA TERRA! IRENE CHIAMA TERRA! MI SENTITE? PASSO!”
“Si Irene, ti sentiamo, passo.”
“Eccovi finalmente! Ciao a tutti e ben ritrovati amici della natura e del teatro! Mi presento subito per chi con mi conosce: sono Irene, appassionata di natura e trekking e quindi naturalmente associata a WIF (da ottobre 2018), e da novembre partecipo anche al corso di teatro “Verso il sogno”, uno studio teatrale su “Sogno di una notte di mezza estate” che andrà in scena nel marzo 2019 all’Elfo Puccini di Milano.
Ma andiamo subito al perché siamo qui. Sono felice stasera di poter favoleggiare per voi e con voi di un evento appena trascorso in compagnia degli amici di Walking in Fabula, la nostra associazione di percorsi tra natura e teatro, che propone, come punta di diamante, la possibilità per gli associati di avanzare idee per uscite, progetti e soprattutto condividere passioni, diventando così iniziatori diretti delle nostre attività. E dal momento che l’astronomia è la mia passione più grande, ho chiesto all’associazione di promuovere e partecipare ad un evento organizzato a Milano, in un posto, diciamo così, un po’ particolare…”
IL CIELO DI SHAKESPEARE
Esiste un luogo, nel cuore di Milano, che potremmo definire magico. Sono poche le persone che lo visitano e sanno anche della sua magia. È un luogo, anzi un edificio, diverso dai soliti palazzi milanesi, non soltanto perché è circondato da abeti, aceri, i cedri del Libano e dell’Himalaya, faggi, ippocastani, olmi e… una quercia rossa. Ma perché in questo luogo così protetto e avvolto dalla natura, si può viaggiare nel tempo. Nel passato e anche nel futuro.
È il Planetario, situato nel Parco Indro Montanelli in via Palestro, nato nel lontano 1930 è oggi ancora perfettamente attivo. Sulla sua cupola può proiettare e riprodurre il cielo stellato di qualsiasi luogo della Terra e di qualsiasi epoca.
E così, questa volta, spinti da una curiosità scientifica, ci siamo trovati sotto la cupola stellata del Planetario, in una fredda sera autunnale, e siamo partiti per tornare indietro nel tempo, nell’Inghilterra del 1600, sul finire del regno di Elisabetta I, a far visita ad un vecchio amico: William Shakespeare.
Perché dovete sapere che William non è stato solo l’autore delle opere che tutti conosciamo. Era anche un amico delle stelle. E ha voluto, con la sua poesia e il suo fedele calamaio, raccontarci la bellezza del cielo e dei fenomeni che esso nasconde. La domanda quindi nasce spontanea: quanta astronomia è presente nelle opere di Shakespeare, e quanto Shakespeare è presente nella nostra astronomia?
Per avere la risposta, ci siamo affidati alla conoscenza del tema di Anna Lombardi, insegnante di matematica e fisica al LS Cremona di Milano ed esperta di storia della fisica, che ci ha accompagnati nel cielo stellato dei primi anni del 1600 e ci ha mostrato come Shakespeare manifestasse, citazione dopo citazione, di essere ben informato sull’astronomia – e anche l’astrologia – del suo tempo.
Lo ritroviamo subito, nel Sonetto 14: “Io non traggo i miei giudizi dalle stelle, eppur mi sembra di capire l’astronomia, ma non per predire buona o cattiva sorte, pestilenze, carestie o la qualità dei tempi; né so dire il destino degli attimi fuggenti segnalando a ciascuno tuoni, pioggia e vento o ai principi svelare se avran buona fortuna, grazie ai presagi che raccolgo in cielo. E’ dai tuoi occhi che traggo il mio sapere e, astri costanti, mi dettan questo dire…”
E lo vediamo ancora nel Re Lear che dice: ”Ecco la mirabile stupidità del mondo: quando le nostre fortune decadono – spesso per gli eccessi del nostro stesso comportamento – rendiamo colpevoli dei nostri disastri il sole, la luna e le stelle, come se fossimo delinquenti per necessità, sciocchi per coercizione celeste, furfanti, ladri e traditori per il movimento delle sfere, ubriaconi, bugiardi e adulteri per obbedienza forzata all’influsso dei pianeti – e tutto il male che facciamo è dovuto all’imperativo divino. Magnifica trovata dell’uomo puttaniere, quella di mettere i suoi istinti da caprone a carico d’una stella (…)” Atto I – Scena II
Quindi il nostro amico sapeva distinguere tra astronomia e astrologia!
Ma se i primi testi ci mostrano uno Shakespeare moderno che già respirava l’aria della rivoluzione scientifica in cui presto sarebbe stata abbandonata l’astrologia come disciplina, ecco che ritroviamo nelle sue pagine degli influssi che invece vengono da secoli più antichi. Come la teoria dell’armonia delle sfere celesti. Una teoria che veniva dall’antica Grecia, ripresa dai romani e poi nel rinascimento. Shakespeare ne parla nel Il mercante di Venezia:
“Come s’adagia soffice la luna
col suo riflesso sopra questo poggio.
Noi ci sediamo qui,
e lasciamo che l’armonia dei suoni
s’insinui dolce dentro i nostri orecchi.
La notte con la sua morbida quiete
S’addice ad una dolce melodia.
Vieni, Gessica, siedi, guarda l’immensa
Distesa del cielo
Come scintilla di patène d’oro:
non c’è una stella, per quanto
minuscola,
che non canti con una voce d’angelo
nel suo moto orbitale, e non s’unisca
sempre cantando in coro ai cherubini
dagli occhi giovani.
E questa musica
Sta pur nella nostra anima
Immortale,
anche se noi non possiamo sentirla,
finché resta racchiusa in questo
involucro nostro d’argilla, rozzo e
corruttibile. (atto V)
Oppure la rintracciamo anche in Antonio e Cleopatra:
CLEOPATRA-… Le sue gambe stavano a cavalcioni sull’oceano, ed il suo braccio, sollevato in alto, come un cimiero sovrastava il mondo; se parlava agli amici, la sua voce s’intonava nel modo più armonioso con l’armonia delle sfere…
E le fasi della Luna? Eccole, in Romeo e Giulietta:
“Romeo: Mia signora, per quella sacra luna che inargenta le cime degli alberi di questo giardino, ti giuro…
Giulietta: Oh, Romeo, non giurare per la luna incostante che muta ogni mese nel suo rotondo andare: -non sia mai altrettanto mutevole il tuo amore…”
E non poteva mancare uno dei personaggi più intensi, Giulio Cesare, che prende parola per dirci di sé stesso:” Immutabile sono come la stella del settentrione, che per la sua fissità non ha rivali nel firmamento. Vediamo i cieli, costellati di scintille, innumerevoli; tutte son fuoco, e ognuna brilla di luce sua: ma una sola è ferma ad un punto.” Ovviamente si riferisce alla Stella Polare, nostra amica in cielo perché nel nostro emisfero è con questa stella che siamo in grado di orientarci e trovare il punto cardinale nord.
Arrivati qui, ci siamo chiesti tutti quando sarebbe arrivato Amleto a parlarci del cielo. Eccolo:
“Dubita che le stelle siano fuoco,
dubita che il sole si muova,
dubita che la verità sia bugiarda,
ma non dubitare mai del mio amore.”
L’ora a nostra disposizione per questo viaggio sta per terminare, anche se vorremmo restare in compagnia delle stelle per leggere ancora di quanto William sapesse ammirarle, studiarle, raccontarle. Ma è tempo di tornare sotto il nostro cielo, nel nostro oggi in cui questa magica luce è più velata e siamo meno consapevoli di quello che splende sopra di noi. Eppure ci scopriamo affascinati e anche stupiti di quanto abbiamo appreso, perché il cielo non finisce davvero mai di mostrarci la sua bellezza, epoca dopo epoca, secolo dopo secolo, in un gioco d’amore eterno tra gli astri e l’uomo.
Amleto: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”
Prima di andare però, abbiamo un’ultima curiosità da soddisfare: quanto è presente Shakespeare nella nostra astronomia?
Lo è su Urano, o meglio su diciotto delle sue ventisette lune, che vengono chiamate con i nomi dei personaggi delle sue opere: Miranda, Ariel, Umbriel, Titania e Oberon, cioè i cinque satelliti principali e le tredici lune minori, ovvero Cordelia, Ofelia, Bianca, Cressida, Desdemona, Giulietta, Porzia, Rosalinda, Cupido, Belinda, Perdita, Mab e Puck.
Shakespeare è anche un asteroide, chiamato appunto 2985 Shakespeare, scoperto il 12 ottobre 1983 nella fascia principale degli asteroidi, situata grossomodo tra le orbite di Marte e Giove. Eternamente presente, nelle parole che ci ha lasciato e nell’eterna luce delle stelle.
“E con una dolce musica in diffusione, eccoci di ritorno nel Planetario, nel nostro oggi. Sicuramente più consapevoli e pronti per un’altra spettacolare avventura tra la natura, il teatro e chissà… magari sotto altre stelle!
Dallo spazio è tutto, amici.
Cieli sereni e… al prossimo incontro!
Irene